martedì 27 ottobre 2015

sedicesimo capitolo

Buongiorno carissimi lettori, 
La storia dei nostri gemelli leggendari si sta facendo sempre più intricata, ma vi prometto che presto tutti i nodi verranno al pettine :) 
Vi ricordo che potete leggere le mie opere anche su WATTPAD :) spero vi piaccia! 

CAMBIARE 

Io e mia sorella scendiamo dalla macchina e ci troviamo davanti al tribunale dell’inquisizione di Carma, appena il mio sguardo incontra l’enorme costruzione comprendo di non poter più scappare. E’ accaduto tutto così velocemente che quasi non capisco cosa stia succedendo attorno a me, mi sembra di essere diventato solamente uno spettatore della vita, obbligato ad osservare una strampalata storia che si diverte a prendersi gioco dei suoi attori principali.

Meredith sorprendendomi mi da un bacio sulle labbra, profondo e rassicurante, e Cloe dietro di me abbraccia Chendal sussurrandogli un arrivederci agitato, cercano di trasmetterci tutto il coraggio necessario per affrontare questa mattinata, ma non è per niente semplice. Assisteranno anche loro al processo, ma solamente come spettatori, tra gli spalti dell’arena del tribunale, il compito più arduo oggi, malauguratamente, dovremo affrontarlo noi, ma il nostro paese se lo merita, il popolo ne ha bisogno, noi lo vogliamo.
La porta in legno massiccio si apre lentamente davanti a noi e due funzionari ci
perquisiscono prima di permetterci d’entrare. Cloe mi stringe la mano con forza fino a farmi male e il mio cuore, rendendosi conto che sta per accadere davvero, accelera i battiti in maniera esponenziale.
Il processo dei nostri genitori sarà trasmesso in diretta nazionale e noi non possiamo commettere nemmeno un piccolissimo errore, il nostro piano dovrà essere perfetto se vogliamo raggiungere l’obbiettivo messo a punto nelle ultime insonne quarantottore.
La parete di vetro che ci separa dall’arena del dibattito si apre lentamente, scorrendo sui cardini arrugginiti e creando un sordo cigolio metallico. La luce del mattino ci ferisce gli occhi, abbagliandoci.
Camminiamo ritti sulle nostre gambe fino al tavolo dei testimoni, per adesso ancora vuoto. Al centro del’arena, davanti a noi, c’è il giudice imbalsamato nella sua pesante toga, alla sua destra, con il viso deformato da un ghigno Arache Tomnson attende con ansia l’arrivo delle nove, mentre alla sua sinistra Rayan e Joanne seduti, con le mani dietro la schiena bloccate da delle pesanti manette, attendono, per una volta inermi, il loro destino.
Cerco di distogliere lo sguardo dai loro visi scavati dalla preoccupazione, non c’è tempo per i ripensamenti o per la misericordia, dobbiamo entrambi attenerci al piano senza alcun tentennamento, oggi tutti sentiranno riecheggiare nell’aria la leggenda dei gemelli, perché il suono della nostra denuncia dovrà spirare tra le strade riportando giustizia nel nostro dilagnato paese.

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Cravatta, giacca, pantaloni, tutto perfetto come sempre. Eccola l’immagine di un vero presidente, gli specchi non mentono mai, e quello che vedo dentro questo cerchio riflettente è il ritratto del puro potere. Spero che quei due ragazzini l’abbiano capito e scelgano di schierarsi dalla parte più conveniente e corretta: la mia. L’unica che può dargli un futuro che possa essere degno di portare questo nome.
Mi liscio i capelli prima di bussare alla porta dell’appartamento 250 bis del palazzo Martington di Carma. Oggi sono venuto da solo, senza guardie personali, voglio che quei due giovinastri credano di disporre della mia piena fiducia, questo, per riflesso, dovrebbe creare nelle loro piccole menti un sentimento di tranquillità e appartenenza.
Sono le undici di mattina e ho già perso dieci minuti del mio preziosissimo tempo, non capisco perché ci debbano mettere tanto a venirmi ad aprire, fosse un giorno come gli altri me ne sarei già andato,  ma oggi devo essere paziente se voglio che il mio laborioso piano volga al termine. Non posso rischiare che tutte le azioni che ho compiuto fino ad ora si rivelino vane: le minacce, la sostituzione della pozione della rivelazione, il filmato dello scontro davanti alla Curia, tutto è stato architettato ad opera d’arte per raggiungere il culmine nella giornata di domani con l’udienza che farà di me il salvatore della patria riconfermandomi presidente di Carma.
Finalmente qualcosa si muove dentro all’appartamento, spero che riusciranno almeno a concedermi un accoglienza adeguata. La porta si spalanca all’improvviso e io riesco a scostarmi appena in tempo, evitando una sonora batosta sul mio naso perfetto. La giovane Betterson spettinata e in pigiamo, no dico in pigiama davanti al presidente, mi invita ad entrare. Io cerco di mantenere un sorriso accondiscendente sul volto ricordandomi che questi ragazzi mi servono ancora, almeno per ventiquattro ore.
“Buongiorno Cloe.” Esclamo con un tono di voce allegro. “Penso che non sia il caso di dilungarci in inutili convenevoli. Sai perché sono qui, attendo l’importante risposta al quesito che vi ho posto ieri.”
Lei mi osserva con gli occhi stravolti e tormentati, penso che non abbia dormito molto la scorsa notte; meglio! Vorrà dire che la stanchezza la rende più vulnerabile.
Dal salotto finalmente ci raggiunge anche Jay, che se è possibile, ha un viso ancora più stravolto della sorella.
“Signor Arache.” Inizia lei, molto bene a mio parere, fa sempre piacere sentirsi chiamare signore. “Abbiamo preso la nostra decisione. Anche se è stata molto sofferta crediamo entrambi che sia quella più giusta.”
“Bene, sono ansioso di ascoltarla.” Esclamo entusiasta, prevedendo già cosa stiano per confessare.
“Domani testimonieremo a suo favore. Abbiamo deciso di condannare i nostri genitori. Quello che hanno fatto è riprovevole, perciò una denuncia è l’unica soluzione.”
Vittoria! Lo sapevo, Arache Tomnson non può perdere, mai, con nessuno.
“Perfetto.” Dico alzandomi dalla sedia e battendo le mani soddisfatto. “Domani mattina una macchina presidenziale vi passerà a prendere portandovi per le nove davanti al tribunale dell’inquisizione di Carma. Non agitatevi, il vostro compito sarà estremamente semplice, non dovrete far altro che dire la verità e nient’altro che la verità!”
Esclamo ridendo della mia stessa ilarità.
“Oh, per quello ci può scommettere.”
Dice il ragazzo guardandomi con una luce battagliera negli occhi che non mi piace per niente, ma probabilmente me la sto immaginando, l’euforia ogni tanto fa brutti scherzi.
“Bene allora vi lascio a quella che ormai, come avevo promesso è la vostra nuova casa. Godetevela perché è solo il primo di tanti altri bei cambiamenti.”
E così dicendo faccio una delle mie solite uscite con stile. Sbalordendo un’altra volta le persone con la mia generosità programmata.
Li ho in pugno tutti, il sapore dolce del potere non può essere sostituito da nulla e la consapevolezza di poter comandare dall’altro la vita degli altri senza che nessuno sospettino nulla, mi fa essere ancora più fiero di me stesso.

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Il ricordo della promessa che ieri abbiamo fatto ad Arache adesso, mentre aspetto che il processo inizi, mi fa sorridere, perché lui non sa di essersi messo in gabbia da solo creando questo pubblico processo. Non potrà attuare alcuna censura sulla diretta, il popolo potrà vedere quello che oggi succederà senza alcun tipo di filtro e questa è un’arma a doppio taglio a mio parer troppo pericolosa.
Le nove rintoccano sonoramente dal campanile posto sulla torretta più alta dell’arena. Il giudice si alza in piedi e il silenzio cala magicamente su tutto il tribunale.
“Diamo inizio al processo che vede i coniugi Rayan e Joanne Betterson accusati di tentato omicidio nei confronti dei figli Jay e Cloe Betterson. Diamo spazio alla difesa di esporre la propria arringa.”
Il tono di voce è monocorde, ma io sto fremendo nell’attesa che concedano la parola e me e mia sorella. Cerco di mantenere alta l’attenzione sulla difesa dell’avvocato dei miei genitori, ma continuo a ripetermi nella mente il discorso che dovrò fare fra pochi minuti davanti a milioni di persone e mi sembra di essere ritornato a scuola, quando la distrazione era il mio pane quotidiano.
“Ed è per questo che sostengo che i signori Betterson debbano essere dichiarati innocenti, di fatto non si ha alcuna prova che il video trasmesso del combattimento avuto luogo pochi giorni fa davanti alla Curia non sia stato solamente l’immagine di un battibecco famigliare. Non si hanno prove della volontà dei miei protetti di voler uccidere i loro figli.”
L’avvocato, finita la propria precaria difesa, prende posto accanto ai suoi clienti, attendendo il susseguirsi dei fatti.
Arache allora si alza dal proprio –trono- e con un tono di voce forte e chiaro esclama: “Le prove della loro volontà si possono trovare caro Smitson, chiamo a testimoniare contro Rayan e Joanna Betterson i gemelli Betterson.”
E’ il nostro momento. Le gambe ormai non mi tremano più. Voglio giustizia, una volta per tutte.
Ci avviciniamo al banco dell’inquisizione e mi schiarisco la voce cercando di non
dar peso ai centinaia di occhi che ci stanno fissando.
“Io sottoscritto Jay Betterson affermo la volontà dei miei parenti di voler privare sia me, che mia sorella della nostra libertà e dell’esercizio della nostra vita.”
Un boato si innalza dalla parte dei sostenitori di Arache e un sordo mormorio invece dilaga fra quelli che ancora si fidavano dei nostri genitori.
“Però.” Esclamo riottenendo magicamente il silenzio e posando per qualche secondo il mio sguardo sulla figura del presidente che lentamente inizia a mutare la sua espressione soddisfatta.
“Io e mia sorella vorremo sporgere una duplice denuncia oggi: contro i nostri genitori e contro il signor Arache Tomnson, per aver manomesso la cerimonia d’Escelta e impedito ai coniugi Betterson la libera professione di avversari politici.”
Non appena i diretti interessati riescono a recepire le mie parole le reazioni sono le più disparate. Il giudice si alza in piedi intimando il silenzio mentre ordina a due guardie di bloccare temporaneamente il presidente con il viso sconvolto dalla mia denuncia.
So che sarebbe stato più facile far finta di niente, so che adesso dovremo provare con i fatti le nostre parole, e se la sentenza scagionerà ingiustamente il presidente, la nostra vita sarà rovinata, per sempre; ma dovevamo provarci, anche solo per tentare di dare un futuro diverso al nostro mondo, vale la pena, di compiere un piccolo sacrifico.   

SPERO CHE VI SIA PIACIUTO QUESTO CAPITOLO. 
ALLA PROSSIMA SETTIMANA 

_Giulietta_ 

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